Diario di bordo: mental coaching

 

A tutti noi, prima o poi, capita di vivere una crisi. Tu di solito come la percepisci e come l’affronti? Io trovo che se usata come sprono, la crisi sia una potente spinta al cambiamento personale. Essa ci spinge dove non pensavamo di poter arrivare e a volte ci porta dove non sapevamo di voler andare. Cosa ne pensi?

Questa molla mi ha portato a cambiare prospettiva. Così dopo diversi anni, anzi decenni dalla mia laurea, mi sono iscritta in università, ad un corso di “Mental coaching”. Chi l’avrebbe pensato che mi sarei rimessa a studiare! Non è una cosa semplice come è facile intuire. La frequenza è limitata nel tempo però c’è lo studio. Quello come sempre va fatto, o almeno io che sono piuttosto rigorosa su questo aspetto, mi impongo di studiare sentendo la responsabilità della mia scelta. E così sono tornata ai tempi dei compiti da fare a casa. A volte però la mia mente rema contro, inventandosi momenti di svago tra una pagina e l’altra, come perdere tempo in internet su siti di shopping. Dovrò ricordarmi di questo aspetto, quando il prossimo anno Eleonora inizierà la scuola primaria.

Ora mi rimetto a studiare, vieni a visitare il mio blog. Aggiornerò il diario di bordo per renderti partecipe del mio cammino.

 

Non è una battuta. Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: consapevolezza e prevenzione (quarta parte)

Quarta ed ultima parte. In questo articolo riporto l’ultimo intervento e racconto le esperienze delle aziende che hanno partecipato alla tavola rotonda:

Francesca Mastrantonio – Psicologa, psicoterapeuta, sessuologa, IIRIS –  Attraverso il linguaggio verbale e non verbale (quest’ultimo rappresenta la parte più cospicua), gli esseri umani si relazionano tra di loro. Attraverso il linguaggio filtrano anche la nostra personalità, le nostre speranze e i nostri obiettivi.                                                              All’interno di ogni comunicazione esistono due livelli: il primo è relativo al contenuto; il secondo alla relazione. Ovviamente la comunicazione assume un valore molto importante nella gestione delle persone e del clima del team e risente degli aspetti culturali e dei pregiudizi dell’emittente del discorso, ma anche del ricevente. Nelle molestie non si comunica correttamente ed il fallimento comunicativo attiene a tutti i livelli e riguarda l’intera azienda.

Seidman nel 2017 ha elaborato una rassegna delle principali ricerche psicologiche sul tema del rapporto tra potere e sessualità. E’ emerso che:

  • Chi associa il sesso al potere ha più possibilità di compiere molestie sessuali. L’inclinazione a compiere molestie sessuali aumenta, se una persona è anche fortemente motivata al potere.
  • Alcune persone fortemente motivate al potere, che presentano tratti narcisistici tendono ad avere meno empatia, per questo motivo possono percepire i propri subordinati come mezzi per raggiungere i propri scopi. E a volte possono sovrastimare l’ammirazione e l’interesse sessuale che le altre persone possono provare verso di loro.
  • A volte l’insicurezza personale può generare comportamenti compensatori che sfociano in un eccesso di sicurezza e di affascinazione dell’altro che può portare le persone ad agire in modo prevaricatorio anche su un versante sessuale, in special modo quando si trova improvvisamente in posizioni di potere, “come se non lo sapesse gestire”.

Questi studi suggeriscono, quindi, che alcune caratteristiche personali, in aggiunta a situazioni organizzative, possono favorire in alcune persone, un atteggiamento di abuso del loro potere, fino a commettere molestie sessuali.

Vediamo gli effetti del sexual harassment. Le molestie sessuali sono un’importante fonte di stress per le vittime, per i loro colleghi, per i loro familiari ed i loro amici.

Le molestie possono portare alla comparsa di:

  • Disturbi da stress di carattere post-traumatico;
  • Perdita dell’autostima, ansia, depressione, apatia, irritabilità, disturbi della memoria, disturbi del sonno, problemi digestivi;
  • Azioni autolesionistiche.

A livello organizzativo, le molestie impattano sul clima aziendale, incidendo su:

  • Assenteismo;
  • Turnover del personale;
  • Su efficacia, efficienza e produttività delle risorse.

Inoltre le molestie sessuali possono determinare contenziosi e richieste di risarcimento danni. Quello che colpisce dai dati Istat presentati prima, sono due aspetti fondamentali: da una parte l’ampiezza del numero e il trend negli anni, che non diminuisce, e dall’altro che non ci sono dati all’interno delle aziende.                                                                            Chi non ha denunciato ha ritenuto l’episodio non grave o ha provato a gestirlo in autonomia o con l’aiuto di un familiare. Tra le motivazioni di chi non denuncia, c’è: 1) la mancanza di fiducia nel sistema aziendale; 2) l’impossibilità di agire; 3) la paura di essere giudicate e trattate male al momento della denuncia; 4) il ricatto: denunciare può significare perdere il lavoro; 5) vittimizzazione secondaria.                                                    Il Me Too però, ci ha mostrato che si può intervenire e cambiare il sistema e che anzi si deve farlo.

Alla Tavola rotonda hanno partecipato Serena Chiama – Head of Internal Comms & Bigger Picture di Sky;    Francesca Ciuffini – Presidente CPO nazionale Gruppo Ferrovie dello Stato italiane; Flavia Gasbarri  – HR Case Management Partner IBM; Valeria Innocenti – Responsabile Area Lavoro e Previdenza Assolombarda Confindustria Milano, Monza e Brianza, Lodi; Paola PoliFounder & Ceo Women – security.

Le aziende hanno raccontato le loro politiche interne, messe in atto per contrastare il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

L’esperienza di SKy: Sky è un’azienda nata nel 2003, controllata al 100% da 21st Century Fox, che ha avuto fin dall’inizio una politica molto avanzata sul tema delle molestie sessuali: un codice etico basato sull’inclusione e sulla valorizzazione delle persone e  una policy sulle molestie e su come fare le segnalazioni. La policy è sull’intranet aziendale, sotto gli occhi di tutti.                                                                                                                          Da settembre 2018 Sky è di proprietà di Sky Limited, a sua volta controllata da Comcast. E da quando è cambiata la proprietà è stata rilanciata una campagna interna, per far conoscere ancora di più gli strumenti a disposizione per segnalare i casi di abusi, relativi a molestie sessuali. Questa nuova campagna ha portato da settembre ad oggi a ben 9 segnalazioni. Prima c’erano 4/5 segnalazioni all’anno.                                                          Esse avvengono via mail o tramite un numero verde, per assicurare in quest’ultimo caso l’anonimato. Poi la security mette in campo un’indagine, per cui occorre essere il più precisi possibili, nella descrizione dei fatti.                                                                                      La cosa importante è parlarne, così le persone sanno che certi comportamenti non sono tollerati dall’azienda.

L’esperienza di Ferrovie dello Stato: In FS si punta molto sulla formazione, indispensabile per contrastare il fenomeno delle molestie sessuali.  Inoltre c’è un comitato di pari opportunità (CPO) composto da circa 300 persone. Il CPO ha fatto molto e molto sta facendo per la strategia dell’inclusione, che non è fine a se stessa, ma che è indispensabile per avere un clima aziendale sereno. Il precedente CPO ha prodotto un codice di condotta, recepito in azienda e siglato anche dalle OO.SS (http://www.fastmobilita.it/docimmagini/z7h3_1.pdf).

“Tutti i dipendenti del Gruppo FS Italiane hanno diritto ad un ambiente di lavoro sicuro, sereno e favorevole allo sviluppo delle relazioni interpersonali in cui donne e uomini rispettino reciprocamente la condizione sessuale, la dignità e i diritti della persona, ispirando i propri comportamenti a valori di uguaglianza e correttezza” (…).                        Il codice di condotta delle FS prevede la figura del consigliere / della consigliera di fiducia, a cui le vittime di molestie possono rivolgersi gratuitamente, per essere consigliate o assistite nelle procedure formali od informali.

L’esperienza di IBM: IBM è stata la prima azienda ad assumere una persona di colore ed un disabile. Da sempre IBM si è dotata di un codice etico che vale in tutto il mondo. Regole che valgono per tutti i dipendenti, indipendentemente dalle legislazioni locali e che servono a tutelare l’ambiente di lavoro, perché sia libero da ogni forma di discriminazione e di ritorsione verso chi denuncia.                                                              Dopo il fenomeno del Me Too, a novembre 2018 IBM ha sentito la necessità di darsi delle corporate instructions, all’interno del suo codice etico, per molestie in generale (come la divulgazione, ad es. delle preferenze sessuali di un dipendente)  e per le molestie sessuali, nello specifico.

La gestione delle segnalazioni è in capo all’HR, a cui è stata fatta molta formazione. Sono poi stati fatti corsi ai manager, perché è importante che tutti abbiano chiaro che cosa è inappropriato. Ed è statisticamente provato che il manager determina il comportamento della struttura. Ora partirà una campagna per tutti i dipendenti.                                              Le segnalazioni possono essere fatte all’HR o in forma anonima, attraverso un canale informatico. E’ previsto poi un numero dedicato per la vittima, per l’ascolto e la divulgazione di linee guida. Infatti spesso le persone denunciano senza sapere se quel comportamento è o meno una molestia, come già visto.

L’esperienza di Assolombarda: Assolombarda è un’associazione che raggruppa 6 mila imprese e sta lavorando sulla responsabilità sociale e sta aiutando le imprese sulla conoscenza e formazione. Nel 2016 è stato siglato un accordo con le OO.SS. che ha consentito di raccogliere ore di lavoro, nelle province di Milano, Monza e Brianza e  Lodi e di donarle ai centri antiviolenza.                                                                                                    Viene evidenziata una non conoscenza del fenomeno, specie all’interno di aziende più piccole. Assolombarda ha promosso il progetto Steamiamoci che si fonda sulla consapevolezza che la diversità di genere è un elemento imprescindibile per la crescita sociale, ma anche per la produttività, la competitività e l’innovazione dell’impresa. Questo progetto vuole favorire donne laureate in discipline STEM.

L’esperienza di Women Security: Women Security vanta diverse azioni di successo nel mondo. In azienda viene fatta molta prevenzione, c’è inoltre una policy chiara e viene fatta anche molta formazione anche con l’ausilio della tecnologia, per aumentare la consapevolezza e informare tutti. In America sono stati inseriti dei bystanders, persone formate che lavorano sull’effetto dissuasivo. Gli esperti dicono che chi mette in atto molestie sessuali, agisce seguendo un copione (ad es. personalità narcisista), sfruttando il silenzio di chi è attorno. Ed è per questo che i bystanders fungono sia da testimoni che da dissuasori delle  molestie. E’ infatti importante non solo proteggere la vittima, ma creare un luogo di lavoro che non sia più disposto a tacere e a tollerare certi comportamenti.

Grazie per avermi seguita fino alla fine del mio lungo lavoro di sintesi. Spero vi sia piaciuto e che soprattutto questo mio articolo, aiuti tanti/e, se non tutti/e, a prendere coscienza e ad essere più consapevoli di cosa sia una molestia sessuale nei luoghi di lavoro. Con la certezza che non si deve tollerare, ma denunciare.

Buon lavoro a tutti e a tutte!

Non è una battuta. Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: consapevolezza e prevenzione (terza parte)

L’evento è continuato con l’intervento di:

Laura De Chiara – Organizational development specialist e business coach – che ha parlato della necessità per le aziende di dotarsi di una policy sulle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Nelle aziende non ci sono statistiche e report, i dati certi sono forniti solo dalla ricerca Istat: quasi 9 milioni di donne, che nella loro vita hanno subito una qualche forma di molestia sessuale. Di queste, solo l’1% denuncia le molestie sessuali subite sul luogo di lavoro. E’ evidente che si tratta di un fenomeno sommerso, a volte derubricato anche solo a battuta goliardica. Questo depotenziare il fenomeno, fa sì che a volte anche la vittima non si accorga di subire molestie. Vediamo a questo punto, qual è la definizione di molestia sessuale ai sensi dell’art. 26 comma 2 del Codice delle pari opportunità: “Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.”

E’ importante sottolineare che ciò che conta è la percezione della vittima.                              Parlando di comportamenti, spesso questi rientrano in stereotipi, ed è per questo che le aziende che hanno politiche di inclusione molto avanzate (volte anche a scardinare bias) e che hanno sviluppato policy chiare, sono aziende che hanno ridotto di molto il numero delle molestie sessuali. Le altre aziende che non hanno policy certe e politiche di D&I, si trovano a dover fronteggiare un rischio non prevedibile e che alla fine può avere l’effetto di una bomba, proprio perché  ricade sui vertici aziendali.

Altra importante distinzione è quella tra molestie di genere e molestie sessuali. Le prime sono una violazione della parità, come il gender gap e vedono le organizzazioni aziendali responsabili. Le seconde sono una violazione della libertà e della dignità dell’individuo e in questo caso, le aziende subiscono le attività di qualcun altro, diventando al contempo un contenitore attivo. E’ evidente che si tratta di un modello culturale che non è adeguato e che va cambiato, soprattutto nell’ottica aziendale.

Vediamo quali sono i costi che le aziende sostengono per le molestie sessuali. Essi sono di due tipi:

  1. Legali:
  • Negli USA una causa di molestie sessuali costa dai 75.000$ ai 125.000$;
  • nel Regno Unito un’azienda su tre ha gestito casi di molestie sessuali;
  • Nel 2016 la Century Fox ha pagato 90 milioni $ in cause derivate.
  1. Personali:
  • 327 milioni $ i costi stimati dal Governo Federale legati alle molestie sessuali: 25 milioni $ di job turnover, 15 milioni $ di malattia, 287 milioni $ di calo di produttività;
  • 14 mln $ è la stima dei costi nel 2014 per un’azienda della lista Fortune 500;
  • 20 miliardi $ è la stima dei costi effettuata dalla Commissione Europea, in tema di molestie sessuali, che rappresentano le principali cause di stress lavoro correlato.

 

L’altra ospite è stata:

Maddalena Palladino – Partner studio legale Rucellai & Raffaelli – La normativa sulle molestie sessuali è cambiata nel corso degli anni. Il primo punto è stato messo nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948): diritto universalmente riconosciuto a tutti gli individui alla tutela contro ogni forma di discriminazione. E’ poi intervenuta la legislazione comunitaria con la raccomandazione 92/131, cioè un codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella lotta contro le molestie sessuali. Le Direttive 2000/43 e 2000/78: stabiliscono un quadro generale per la parità di trattamento indipendentemente da razza e origine etnica, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Nella direttiva comunitaria del 2002/73 si fa riferimento alla parità di trattamento nel lavoro, ed è introdotta la definizione di “molestie sessuali”. La Direttiva 2006/54 consolida la legislazione comunitaria in materia di pari opportunità e di pari trattamento sul lavoro tra uomini e donne. Unifica le normative vigenti e le aggiorna sulla base delle sentenze più rilevanti emesse dalla Corte Europea di giustizia.

In Italia il d.lgs. 198/2006 introduce il Codice delle pari opportunità contro le discriminazioni di genere, aggiornato dalla legge di bilancio 2018. L’art. 26 ter include un obbligo preciso in capo al datore di lavoro: deve garantire un luogo di lavoro sicuro e dopo la denuncia, il lavoratore va tutelato.

 La l. 179/2017 (Whistleblowing) “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”. Per quanto riguarda il settore privato, l’articolo 2 della legge n. 179/17 interviene sul decreto 231/01 ed inserisce all’articolo 6 (“Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell’ente”) una nuova previsione che inquadra nell’ambito del Modello organizzativo ex D. Lgs. 231/01 le misure legate alla presentazione e gestione delle segnalazioni. La legge vuole incentivare la collaborazione dei dipendenti per la segnalazione di illeciti di cui vengano a conoscenza, ma ha anche l’obiettivo di tutelare il lavoratore. Viene assicurata pertanto la segretezza dell’identità del denunciante e per questo deve essere garantito almeno con un canale di segnalazione per via informatica. Essa sancisce inoltre il divieto e la nullità degli atti ritorsivi nei confronti del segnalante, per motivi connessi alla segnalazione, passibili di denuncia all’Ispettorato nazionale del lavoro. Eccezione viene fatta per chi segnala un fatto che si rileva infondato, con dolo o colpa grave. Sono inoltre previste sanzioni nei confronti di chi viola le misure poste a tutela del segnalante, salvo il caso di per chi segnala un fatto che si rileva infondato, con dolo o colpa grave.

Importante poi è la nuova legge di New York sul sexual harasment, che influenzerà di sicuro la legislazione di molti Paesi.

Con la nascita del movimento Me Too il tema del sexual harrasment ha assunto nuove dimensioni di consapevolezza, influenzando tutta la società americana e arrivando in più parti del mondo.  Le azioni legali per sexual harrasment sono numerosissime e l’aspetto rilevante è che non coinvolgono solo il molestatore, ma travolgono l’intera azienda, per la quale egli lavora.  In passato le rare azioni legali, venivano transatte anche con somme importanti. Tuttavia l’intera transazione veniva siglata da un accordo di riservatezza, confidentiality agreement. Oggi invece il Me Too ha scoperchiato il vaso di Pandora e le vittime hanno  finalmente il coraggio di parlare. Il molestatore viene licenziato immediatamente e condannato dalla giurisprudenza, senza più segreti, tutto è pubblico. E anche il datore di lavoro viene considerato quasi sempre responsabile per atti commessi da un dipendente, per cui viene spesso condannato a pagare somme ingenti alla vittima.

Non è una battuta. Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: consapevolezza e prevenzione (seconda parte)

 

Continuando l’excursus di ospiti che si sono susseguiti sul palco del teatro Elfo Puccini:

Isabella Corazziari – Ricercatrice Istat –  ha illustrato  l’indagine “Sulla sicurezza dei cittadini” ( https://www.istat.it/it/files/2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13-02-2018.pdf), effettuata nel 2015-16 su un campione di 50.350 individui tra i 14 e i 65 anni. Per la prima volta i quesiti sulle molestie sono stati rivolti ad uomini e a donne ed è stata inserita una nuova domanda rivolta ad uomini e donne, riguardante gli atti sessuali subiti nell’infanzia. Rispetto all’ambito lavorativo, sono stati infine rilevati i ricatti sessuali subiti dalle sole donne per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere avanzamenti di carriera.

Sono 8 milioni 816mila (il 43,6%) le donne dai 14 ai 65 anni che nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di molestia sessuale e sono 1 milione 404mila (8,9%) le donne tra i 15 e i 65 anni che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro, per mantenere il posto o fare carriera: 425mila (2,7%) negli ultimi tre anni. Sono 3 milioni 754mila (il 18,8%) gli uomini che nel corso della vita hanno subito molestie, 1milione 274mila (il 6,4%) negli ultimi tre anni, 610mila (il 3,1%) negli ultimi 12 mesi. Ci sono più vittime tra le laureate (8,5%), di età tra i 35-44 (8,6%) e 45-54 anni (8,9%). Negli ultimi tre anni ci sono più vittime al di sotto dei 35 anni. Le regioni più a rischio sono: Lazio, Toscana e Liguria.

Gli autori delle molestie a sfondo sessuale sono in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini. Alcune vittime sono state molestate sia da uomini sia da donne (8,3% delle vittime). Ciò accade soprattutto per le molestie sui social network e per gli uomini (16,1% contro 5,0% delle donne. Complessivamente le donne sono le autrici delle molestie ai danni di altre donne nel 6,1% dei casi e nel 23,7% di quelle subite dagli uomini.

Incrociando le informazioni sull’autore e sul luogo di accadimento, emerge che per il 5,6% dei casi di molestie sessuali fisiche ai danni di un uomo (nel corso della vita) l’autore era un superiore a lavoro, o un collega; il 5,2% dichiara che sono avvenute nel luogo di lavoro o in un luogo attinente.  Per le vittime donne il 7,8% era un superiore o un collega di lavoro e nel 9,6% la molestia è avvenuta al lavoro o in un luogo attinente. Come detto in precedenza, l’autore delle molestie è quasi sempre un uomo e le vittime ricattate più volte dallo stesso uomo sono state 11,3% delle donne per essere assunte; 25,5% delle donne per fare carriera. Quasi tutti i ricatti sessuali si erano già conclusi al momento dell’intervista, invece tra quelli dichiarati negli ultimi 3 anni, il 16,5% è ancora in corso. E ancora, proprio tra le donne che hanno dichiarato ricatti sessuali negli ultimi 3 anni, i lavori più a rischio sono:

  1. Impiegata 37,6% per assunzione e 39,4% per carriera.
  2. Lavoratrice qualificata commercio/servizi 30,4% assunzioni e 34,9% per carriera.

Nell’80,9% dei casi, se una donna subisce un ricatto sessuale non ne parla con nessuno sul posto di lavoro (dato in linea con la precedente ricerca nel 2008-2009 uguale all’81,7%).

Solo il 15,8% di chi ha subito ricatti nel corso della vita, ha raccontato la sua esperienza. L’8,2% ne ha parlato con i colleghi (8,2%), il 4,1%  con il datore di lavoro (4,1%), il 3,3% con i dirigenti o l’amministrazione del posto di lavoro; l’1,0% con una organizzazione sindacale. Quasi nessuna ha fatto denuncia alle Forze dell’Ordine.

Nel marzo del 2018 è stata siglata una collaborazione tra ISTAT e UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) per un progetto di ricerca nazionale dal titolo “Discriminazione lavorativa per orientamento sessuale e identità di genere, e politiche di diversity management” da marzo 2018 fino a marzo 2020, salvo deroghe. Questo progetto di ricerca ha lo scopo di colmare un vuoto della statistica ufficiale e della ricerca sociale, fornendo così dei dati sulle dinamiche di inclusione e di esclusione dal mercato del lavoro e sulle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale delle persone LGBT e identità di genere, da diverse prospettive.                                                        Si tratta di un disegno di ricerca complesso, che ha l’intento di avere un approccio intersezionale, con la creazione di domande ad hoc, per cogliere ad esempio discriminazioni nei confronti delle donne lesbiche, legate anche al sessismo e all’eterossessismo.

Non è una battuta. Molestie sessuali nei luoghi di lavoro: consapevolezza e prevenzione (prima parte)

 

Lo scorso 3 aprile ho assistito all’evento “Le molestie sessuali nei luoghi di lavoro: consapevolezza e prevenzione” organizzato da Valore D e da Parks – Liberi e Uguali, presso il Teatro “Elfo Puccini” di Milano.                                                                                                                                                                              Il convegno ha visto la partecipazione del Comune di Milano, nella figura di Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali, e di Daria Colombo, delegata del Sindaco per le Pari opportunità di genere del Comune di Milano, a testimonianza del fatto che Milano è la città dei diritti. Si sono poi susseguiti diversi ospiti, che hanno illustrato il fenomeno da più punti di vista: dai dati istat all’aspetto psicologico, ai riferimenti legislativi. C’è poi stato un intermezzo teatrale ed una tavola rotonda, che ha visto sul palco le aziende che da tempo hanno sviluppato importanti politiche di prevenzione, di comunicazione e di formazione, volte a far emergere questo fenomeno e ad assegnare in azienda, un percorso certo, che tuteli la vittima di molestie sessuali. Solo con un’adeguata cultura aziendale e con una policy chiara si può arginare il fenomeno delle molestie sessuali.                                                          Tuttavia gli stessi organizzatori hanno precisato che è stato molto difficile trovare aziende che ci mettessero la faccia.

Vediamo nello specifico i singoli interventi:

In apertura Elio De Capitani, Direttore Artistico del Teatro, ha raccontato che il teatro Elfo Puccini ha scelto di mettere la persona al centro, insieme ai suoi diritti inviolabili. Parlando di violenze ha precisato che si tratta di un fenomeno trasversale che può colpire chiunque, anche persone che ci sono vicine, a cui non attribuiremmo mai la veste di vittima di violenza. Ha poi aggiunto che la percezione degli eventi è influenzata dalle differenze culturali e generazionali. Ad esempio l’essere fischiata per strada può essere percepito come un complimento da parte di una mamma e invece come offesa, da parte di una figlia.

Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche sociali, Comune di Milano: Per intervenire sulla violenza occorre agire su più fronti, non solo quello pubblico, ma anche su quello culturale. E su quest’ultimo punto per lui è stato naturale citare il Congresso mondiale delle famiglie di Verona, svoltosi qualche giorno prima, e che rappresenta un’involuzione della cultura di genere per tutta quella parte politica (e non solo), a cui l’assessore appartiene. Per sconfiggere la violenza occorre tanto lavoro preventivo e servono azioni a sostegno dell’autonomia delle vittime, a prescindere dalla gravità della violenza che subiscono. In linea con questo, il comune di Milano ha più che triplicato le somme a sostegno dei centri antiviolenza, in controtendenza con ciò che avviene a livello nazionale. Questo perché il comune di Milano ci tiene a sottolineare che le donne non sono sole. Guai a pensare che ci sia un contesto immune da qualche forma di violenza.

Il tema delle violenze e delle molestie sessuali è strettamente connesso a due punti. Da una parte alla gestione del potere, che molto spesso è in mano agli uomini, e dall’altra, alle molestie di genere, come il gender gap, che vede la donna svolgere la stessa mansione di un collega uomo e di essere inspiegabilmente retribuita meno. Occorre riequilibrare questi due punti, perché le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, cessino del tutto o si riduca di molto il loro numero.

Barbara Falconer Direttrice Generale di Valore D, società che promuove la cultura dell’inclusione e della valorizzazione delle differenze per le aziende e per tutto il Paese. Anche lei ha sottolineato come le molestie sessuali siano strettamente legate al tema del potere personale e strutturato. Le molestie sessuali, anche se non sono dichiarate, rappresentano un rischio per le imprese in termine di costi legati a tre specifiche aree:

1. Costi legali per le cause e per il risarcimento della vittima;

2. Costi del personale: turnover, assenteismo, bassa produttività. Le vittime di molestie sessuali nei luoghi di lavoro vivono stress psico-fisico che si riversa in azienda;

3. Costi legati alla reputazione: le aziende diventano meno attrattive per i talenti, perdono in reputazione sociale e di credibilità nei confronti degli stakeholder, o del brand verso i propri target.

Igor Suran Direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali ci ha detto che è la parola “sessuale” a mettere a disagio e che spinge ciascuno di noi a non parlarne, nella convinzione che in fondo non riguarda noi, ma qualcun altro. Soprattutto occorre spostare la responsabilità da chi subisce le molestie sessuali, a chi le perpetua. Anche per Igor Suran, questo concetto è legato alla disparità di potere.

Continua nel prossimo articolo (…)

Io l’otto e tu?

In evidenza

 

La mattina dell’8 marzo ho dato un bacio ad Eleonora e le ho fatto gli auguri per la festa delle donne. I suoi occhi si sono illuminati e mi ha chiesto il motivo, col sorriso di chi pregusta una festa a cui andare. Le ho spiegato che noi donne spesso abbiamo meno opportunità rispetto agli uomini, per lo studio, il lavoro, per la vita di tutti i giorni, che ci vede divise tra lavoro e famiglia. E’ una disuguaglianza che ancora oggi va combattuta. Per non parlare della violenza di genere.                                                                                          In questi giorni peraltro, ho sentito parlare di “maschicidio”, come fenomeno molto studiato e poco conosciuto. La violenza è violenza e come tale va sempre condannata.  Pur riconoscendo che esiste anche quella messa in atto da donne verso gli uomini, è innegabile che quella sulle donne è una piaga sociale.

Nel corso della giornata dell’8 marzo, mi sono ritrovata più volte a riflettere sul ruolo delle donne, complici i numerosi cortei  e gli scioperi del giorno, mostrati dai media. C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui facevo parte delle piazze, degli scioperi, delle manifestazioni. Credo che nessuno di noi può stare fermo, nessuno può lasciare agli altri le battaglie in cui crede. Sono convinta che oggi nel mondo stiamo tornando indietro, rispetto ai diritti civili delle donne. In Europa le destre e le ultra destre (come Vox) cercano di cancellare l’aborto, le leggi sulle violenze di genere e di far chiudere i centri antiviolenza. In Italia, a breve, faremo i conti con il ddl Pillon che introduce il principio di affido condiviso, anche nei casi di violenza domestica e di abusi. L’Onu ha prontamente inviato una lettera al governo, poiché il testo del ddl  «introdurrebbe disposizioni che potrebbero comportare una grave regressione, alimentando la disuguaglianza e la discriminazione basate sul genere, e privando le vittime di violenza domestica di importanti protezioni».Questo si traduce nell’urgenza di prendere sempre più coscienza dell’epoca in cui viviamo e di scendere in piazza. Non si può rimanere in disparte, almeno io non posso farlo e tu?

Alla sera ho raccontato a mia figlia che il prossimo anno voglio portarla ad un corteo, ma non ho ottenuto la risposta che mi aspettavo. Mi ha detto di no, che ora ci sono io a pensare ai suoi diritti e a lei va bene così. Bella risposta!!! Come preparare le nuove generazioni per il futuro, quando toccherà a loro prendere le redini della propria vita e delle proprie battaglie?                                                                                                                        Il giorno successivo ho fatto vedere ad Eleonora le foto, che circolano in rete sulle manifestazioni in tutta Italia: migliaia di persone, fra cui bambini, con cartelli con la scritta: “I veri maschi sono femminista”. E’ bastato questo per farle dire: “mamma, voglio andarci anche io!!”. E così sarà entusiasmante insegnare a mia figlia che le battaglie in cui credi, si affrontano in prima persona.

 

Inclusione e diversità: tutto nasce da una mail ricevuta dalla scuola materna di mia figlia

Ormai sapete che la vita di tutti i giorni mi dà spunti di riflessione che amo condividere con voi.

In occasione del carnevale, nella scuola di Eleonora verrà presentato uno spettacolo preparato da alcuni genitori. Una cosa davvero lodevole. Per questo evento, come pure succede per altre feste, di solito la scuola chiede ai genitori di montare il palco. Fino ad oggi, arrivava una mail di gruppo, con tutti i destinatari in copia nascosta, in cui si chiedeva un aiuto ai papà, aggiungendo poi un invito generico ai nonni, agli zii ed altri volontari.

Anche oggi è arrivata una di queste mail , con lo stesso messaggio ma a differenza delle precedenti, è rivolta ad Eleonora. Mi è stato comunque spiegato che per motivi di privacy d’ora in poi le mails di gruppo verranno inviate così: vedrò come destinataria mia figlia. Sarà che prima le comunicazioni le percepivo di gruppo e quindi facevo finta di non notare questo aspetto, ma una mail di questo genere indirizzata ad una bambina che ha una famiglia diversa da quelle più numerose, mi è parsa una brutta comunicazione.

Come anticipato, questo episodio mi serve per riflettere con voi sull’inclusione. Ormai se ne parla tanto anche nelle scuole, come nelle grandi aziende, dove lavoro. Diversità e inclusione. Le diversità sono quelle differenze visibili e invisibili che ci differenziano gli uni dagli altri e che sono la ricchezza della nostra società. Tuttavia le diversità vengono solo stigmatizzate se non si procede con l’inclusione. E’ questa la chiave di volta che ci porta ad aprirci agli altri, ai diversi, a coloro che appartengono ad una categoria meno numerosa, come quella delle famiglie monogenitoriali, ad esempio. Pertanto in una società inclusiva non si dovrebbe adoperare un pò di sensibilità, che magari ci fa perdere due minuti in più, ma che di contro ci aiuta a far crescere gli adulti di domani con l’idea che la diversità non è un limite o una perdita di tempo? Da mamma con un occhio attento a queste tematiche, ritengo che questo sia in messaggio educativo e positivo. Cosa ne pensate? Avete qualche esperienza simile da condividere?

Parlando con un papà separato

 

Ho incontrato  un amico di vecchia data che si è separato da qualche anno. Dopo aver rivangato i vecchi tempi, ci siamo  confrontati sulle nostre famiglie monoparentali. Lui  ha una figlia di 11 anni, che riesce a vedere tutte le mattine, poiché l’accompagna a scuola. Mi ha detto che si sveglia prima per passare a prenderla, fanno insieme il tragitto fino a scuola e poi lui va in ufficio. Questo gli consente di avere un rapporto stretto ed intimo con sua figlia: lei preferisce rivolgersi a lui per chiedergli consigli sui ragazzi, gli parla dei suoi primi amori. Il problema è che lui si imbarazza a toccare con lei questi argomenti (la mamma è ancora più chiusa) e non riesce a parlare liberamente di sentimenti con sua figlia, tanto che lei si confida con le amiche di scuola, che poi di fatto vanno a raccontare tutto al ragazzo che è nel suo cuore, in quel momento. 

Il papà di conseguenza ha timori che riguardano la sfera sessuale della figlia visto che l’età del primo rapporto si è fortemente abbassata. Il rischio è quello di pensare ad una sessualità svincolata da un rapporto affettivo. Il mio amico infatti conosce l’importanza delle relazioni. Vorrebbe proprio spiegare a sua figlia la necessità che la sessualità avvenga all’interno di un rapporto affettivo e che non lei non pensi di separare i due aspetti. Del resto come non essere preoccupati, specie quando ogni giorno arrivano ai/alle nostri/e ragazzi/e e ragazzini/e messaggi ambigui sul tema? Basta pensare alla mercificazione del corpo femminile che campeggia in molte pubblicità e alla pornografia digitale che rende di  fatto il corpo un oggetto. E allora come educare i figli e le figlie all’affettività, se abbiamo remore a parlarne?

Tempo fa ho partecipato ad un seminario proprio su queste tematiche e alla fine ci è stato detto che i genitori non devono lottare con se stessi, cambiando la loro personalità, ma anzi devono rispettarsi. Pertanto è sufficiente indicare ai/alle figli/e il professionista a cui rivolgersi per porre tutte quelle domande a cui il genitore non si sente pronto a rispondere.

Hai figli/e adolescenti o preadolescenti? Hai già affrontato questi problemi?

 

Due mamme che parlano di maternità

Qualche giorno fa stavo aspettando che trascorressero i pochi minuti che mi separavano dall’apertura del cancello della scuola materna, per portare a casa Eleonora. Ero circondata da altri genitori, ma ero distratta, immersa nei miei pensieri quando ad un certo punto una parola ha richiamato la mia attenzione: “maternità”. Così ho prestato attenzione all’ambiente intorno a me e mi sono accorta che due mamme, una bionda e l’altra rossa, stavano parlando di questo argomento. La mamma coi capelli rossi, stava raccontando: ” Lavoro in una multinazionale. Sono rientrata in ufficio da poco – dopo la seconda maternità – ed è stato utile ricevere dall’hr un elenco con una serie di iniziative e di servizi pensati per i genitori, tra cui la maternità retribuita al 100%” . La mamma bionda sentendo questa informazione, l’aveva guardata con curiosità chiedendole: “Quale maternità: l’obbligatoria o la facoltativa (congedo parentale)? Non dirmi che in azienda ti  integrano il congedo parentale?”. La mamma rossa sorridendo le aveva ribattuto: “Anche io all’inizio non capivo, ma poi mi hanno detto che si trattava di quella obbligatoria. Lo so, sembra di ribadire qualcosa di scontato, ma evidentemente anche questo è un segno che i tempi sono cambiati!”.
Nel frattempo avevano aperto il cancello ed io ho avuto il tempo per ripensare a quella chiacchierata ascoltata per caso, solo molte ore dopo.

La maternità obbligatoria c’è dal 1971  e prevede 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, con una retribuzione pari al 100%: di cui l’80% è pagato dall’Inps e il restante 20% è integrato dal datore di lavoro, se il CCNL di riferimento lo prevede. Nel 2001 viene poi normato il congedo parentale e l’attuale astensione facoltativa dal lavoro è prevista per i lavoratori dipendenti che siano genitori naturali, adottivi e affidatari per un periodo massimo di 10 mesi, che possono diventare 11 mesi se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi.

Si tratta di norme in continua trasformazione. Proprio qualche giorno fa il ministro della famiglia Lorenzo Fontana ha presentato il nuovo “pacchetto famiglia”, una serie di emendamenti alla manovra, ora al vaglio della commissione Bilancio della Camera, che tra le altre misure prevede l’istituzione del “Fondo di sostegno per le crisi familiari” da 10 milioni di euro annui. Vediamo le principali iniziative:

  • Bonus bebè (l’assegno di natalità): l’assegno sarà incrementato del 20% per ogni figlio successivo al primo, prevedendo due fasce di reddito (fino a 7 mila euro e da 7 mila a 25 mila euro);
  • Raddoppio delle detrazioni fiscali per i figli con disabilità che passano da 400 euro a 800 euro;
  • Più flessibilità per il congedo parentale a favore delle mamme che potranno scegliere tra:                                                                                                                                                    –   3 mesi retribuiti al 60%                                                                                               –   6 mesi retribuiti al 30%.                                                                        L’emendamento estende l’intervallo temporale in cui usufruire del congedo: dagli attuali 12 anni ai 16 anni del/la figlio/a.
  • Contributo di 960€ all’anno (80€ al mese) che resta confermato per le famiglie con ISEE fino a 25 mila euro e raddoppia in caso di l’ISEE  inferiore ai 7 mila euro.
  • Carta famiglia è un nuovo bonus per le famiglie numerose che dà diritto a sconti sull’acquisto di beni o servizi;
  • Voucher dedicato al baby sitting per le lavoratrici autonome e per le lavoratrici dipendenti.

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Le responsabilità: metti un viaggio in treno e delle telefonate troppo personali…

    Il treno è il luogo ideale per conoscere i particolari della vita di una persona, specie se questa è seduta accanto a te e trascorre l’intero viaggio al telefono, parlando con disinvoltura e a voce alta di questioni molto personali. Qualche giorno fa sulla mia carrozza, di fronte a me, c’era una signora che ha fatto esattamente questo, trascorrendo l’intero viaggio tra più telefonate. Così io e gli altri passeggeri abbiamo saputo che è mamma di due bambini piccoli; abbiamo conosciuto i programmi per la serata della sua famiglia; abbiamo atteso che il vicino di casa prendesse un pacco che era in consegna e…abbiamo capito che c’era qualcosa di strano. Le prime telefonate, quelle alla mamma, al marito, al corriere erano tutte uguali e lei trasudava ansia da tutti i pori, parlava e respirava a fatica, era in affanno e, per noi obbligati ad ascoltarla per via del volume  troppo alto della sua voce, non era piacevole. Ma con l’ultima telefonata abbiamo tutti assistito ad una metamorfosi, non era più lei! Aveva improvvisamente assunto un tono da ragazzina innamorata, sussurrava, respirava perfettamente e diceva “anch’io” con un grande trasporto emotivo. Un ragazzo accanto a me l’ha fissata con grande stupore. Sono sicura che il giovane, facendo il conto delle persone che lei aveva già sentito, avrà pensato: “Ma il marito non l’aveva già chiamato!?”. Io ho trattenuto a stento un sorriso e ho pensato che non poteva che essere l’amante. Questo pensiero mi ha fatto nascere come sempre delle riflessioni che voglio condividere con te.

Queste situazioni sono all’ordine del giorno: capitano perché ad un certo ci si innamora di un’altra persona o perché si cerca semplicemente un’evasione dalla realtà e dalle proprie responsabilità?  Non conosco la storia della signora del treno, ma di fatto durante le prime telefonate era spiacevole ascoltarla perché comunicava malessere, ansia, ma nella telefonata in cui invece era libera dalle responsabilità familiari era un’altra persona, non sbuffava più, non cercava attenzioni, ma ne dava e ne riceveva in modo soddisfacente.

Qualunque soggetto, persino un bambino molto piccolo ha delle responsabilità, che crescono con l’aumentare dei ruoli. Ci sono persone che scelgono di avere pochi ruoli e quindi poche responsabilità e altri invece che optano o si ritrovano ad avere più ruoli e pertanto più responsabilità.                                                                                                        Quali sono le responsabilità davanti alle quali si fugge più spesso? Penso che sia più facile scappare davanti ad una responsabilità collegata ad un ruolo con una forte componente emotiva. Credo anche che sia umano accorgersi che, dopo aver assunto un determinato ruolo, questo non ci corrisponde, come quando diventiamo mariti o mogli, poiché prima di esserlo non sappiamo esattamente a cosa andiamo incontro. O di aver scelto un/una compagno/a che non ci consente di essere appieno noi stessi e allora occorre chiederci cosa vogliamo. Altro discorso sono le responsabilità genitoriali, che vengono sancite anche dal diritto (come del resto i diritti e i doveri tra i coniugi, ma quando si parla di minori, il discorso cambia) e da cui non si può prescindere, salvo eccezioni (artt. 330 e ss. c.c.).  I genitori anche se scelgono di non stare più insieme devono ricordarsi di avere una grande responsabilità nei confronti dei figli, per me la più grande che si possa avere in una vita, con tutte le regole di bon ton che questo comporta. Le più basilari sono il rispetto, il non litigare davanti ai figli, non usarli come armi di ricatto, ecc.

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